La minaccia petrolifera incombe su una delle isole più belle della Sicilia e dell'intero Mediterraneo. paradiso dei subacquei e degli amanti del mare incontaminato.
Cancellare l’articolo 35 del decreto “Cresci
Italia”(d.l. 83/2012) voluto dal ministro dello Sviluppo economico,
Corrado Passera, e scommettere su una Strategia energetica nazionale che
non rilanci le fonti fossili, ma punti decisamente su efficienza e
rinnovabili.
Perché quell’articolo espone a rischio trivellazione una
superficie marina più grande della Sicilia e costituisce una sanatoria
non solo dei titoli acquisiti dai petrolieri al giugno 2010 ma anche
delle istanze di prospezione e di ricerca in mare nella fascia di
interdizione delle 12 miglia, mettendo a rischio le aree protette e le
zone litoranee di pregio.
E’ questa la richiesta avanzata al Parlamento da Greenpeace,
Legambiente e WWF, che hanno organizzato oggi al Senato il convegno
“Trivelle d’Italia” per mettere in evidenza tutti i problemi ambientali
ed economici di questa scelta, oltre alle scarse riserve di petrolio
presenti in Italia e le royalties irrisorie con cui le compagnie
petrolifere spingono alla corsa all’oro nero e per fermare la deriva
petrolifera del governo Monti. All’incontro sono intervenuti: Alessandro
Giannì, direttore delle campagne Greenpeace Italia, Stefano Ciafani,
vicepresidente Legambiente, Dante Caserta, vicepresidente WWF Italia,
Luca Pardi, presidente di ASPO Italia, Giampaolo Buonfiglio, presidente
AGCI-Agrital, Pietro Dommarco, autore del libro “Trivelle d’Italia” e i
senatori Francesco Ferrante, Roberto Della Seta, Antonio D’Alì e Daniela
Mazzuconi, firmatari di un disegno di legge per abrogare l’articolo 35.
Il decreto “Cresci Italia”, infatti, estende a tutta la fascia costiera
la zona off limits delle 12 miglia per le nuove richieste di estrazione
di idrocarburi a mare, ma fa anche ripartire tutti i procedimenti per la
prospezione, ricerca ed estrazione di petrolio che erano stati bloccati
nel giugno di due anni fa dal decreto legge n. 128/2010 approvato dopo
l’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.
L’articolo 35 del decreto “Cresci Italia” stabilisce di fare salvi i
procedimenti concessori (…) in corso, ma anche i procedimenti
autorizzatori e concessori conseguenti e connessi che siano stati
avviati al 29 giugno 2010. Inoltre, la fascia off-limits delle 12 miglia
parte ora dalle linee di costa (cioè dalla battigia) e non come era
stabilito precedentemente dalle linee di base (linee che includono golfi
e insenature). Nella sostanza, anziché garantire i soli titoli
acquisiti, come ha tentato di accreditare il ministro dello Sviluppo
economico Passera, si mettono così a rischio ampissime porzioni delle
acque territoriali italiane, anche all’interno delle fasce
d’interdizione introdotte nel giugno 2010 a tutela delle aree protette.
Un colpo di spugna che potrebbe dare il via libera ad almeno 70
piattaforme di estrazione di petrolio che si sommerebbero alle 9 già
attive nel mare italiano per un totale di 29.700 kmq di mare tra
Adriatico centro meridionale, Canale di Sicilia, mar Ionio e golfo di
Oristano, praticamente una superficie più grande della Sicilia.